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Così come previsto dalla C.M. n.8 del 6 marzo 2013, le scuole sono chiamate a diventare soggetti sempre più inclusivi non solo per rispondere ai Bisogni Educativi Speciali, ma per essere in grado di recepire le diversità e costruire percorsi individualizzati. L’inclusione mira ad accogliere nell’ordinarietà scolastica tutte le diversità, trattando le differenze individuali e le difficoltà con una didattica plurale capace di :
L’espressione “Bisogni Educativi Speciali” (BES) si è diffusa in Italia dopo l’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“. La Direttiva stessa ne precisa il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o altri disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.” Vi sono tre tipologie di Bisogni Educativi Speciali: AREA 1 – DISABILITA’ AREA 2 – DISTURBI EVOLUTIVI SPECIFICI ( D.E.S.) AREA 3 – SVANTAGGIO SOCIOECONOMICO, LINGUISTICO E CULTURALE. La precedente legge 170/2010, a tale proposito, “rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge 53/2003, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dall’insegnante per il sostegno. |
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